Salve gente! Sono appena tornata dalla laurea di una mia amica e sono stanchissima. Sono stupende queste cerimonie, ma anche parecchio sfiancanti. Se a questo poi unisco il fatto che è tutta la settimana che corro di qua e di là e le ultime due sere ho fatto tardissimo per terminare di costruire la mia nuova splendida faretra, che non vedo l'ora di utilizzare, dormo praticamente in piedi XD
Ad ogni modo, oggi eccomi qui con una delle poche recensioni che ho scritto durante la mia assenza dalla blogsfera. Si tratta del secondo e ultimo capitolo di una serie che amo e a cui tengo molto,
"The Rose & the Dagger" di
Renée Ahdieh, seguito di
"The Wrath & the Dawn" [
QUI recensione], noto in Italia con il titolo
"La moglie del Califfo".
The Wrath & the Dawn # 2 [eng]
Editore: G.P. Putnam's Sons Books for Young Readers
Pagine: 416
Trama (del primo della serie): Al calar del sole sul regno di Khalid, spietato califfo diciottenne del Khorasan, la morte fa visita a una famiglia della zona.
Ogni notte, infatti, il giovane tiranno si unisce in matrimonio con una ragazza del luogo e poi la fa uccidere dopo aver consumato le nozze, prima che arrivi il nuovo giorno. Ecco perché tutti restano sorpresi quando la sedicenne Shahrzad si offre volontaria per andare in sposa a Khalid. In realtà, ha un astuto piano per spezzare quest’angosciosa catena di terrore, restando in vita e vendicando la morte della sua migliore amica e di tante altre fanciulle sacrificate ai capricci del califfo. La sua intelligenza e forza di volontà la porteranno a superare la notte, ma pian piano anche lei cadrà in trappola: finirà per innamorarsi proprio di Khalid, che in realtà è molto diverso da come appare ai suoi sudditi. E Shahrzad scoprirà anche che la tragica sorte delle ragazze non è stata voluta dal principe. Per lei ora è fondamentale svelare la vera ragione del loro assurdo sacrificio per interrompere una volta per tutte questo ciclo che sembra inarrestabile.
Il mio
pensiero: “The Rose & the Dagger” è l’ultimo
capitolo della duologia fantasy nata dalla penna di Renée Ahdieh. Una storia
ispirata a quella de
Le Mille e una notte,
iniziata lo scorso anno con il libro
“The
Wrath & the Dawn” (Aka
La moglie
del califfo), nonché una delle mie migliori letture del 2015.
Ho atteso l’uscita di questo libro per mesi,
carica di grandi aspettative, e una volta avuto tra le mani mi sono sentita
invadere dalla felicità (per sapere come sarebbe continuata questa bellissima
storia), ma anche dal dispiacere (perché proprio tra queste pagine essa sarebbe
terminata). Non sono rimasta delusa dal libro, ma dovete sapere che, appena
terminato, non ne ero del tutto convinta, o comunque mi sentivo come se non
fosse riuscito a conquistarmi tanto quanto il precedente. Questa sensazione era
dovuta principalmente al fatto che per ingranare ci mette un po’, mentre il
finale, al contrario, è piuttosto veloce. Si conclude in maniera perfetta, ma
si sente un taglio netto tra il finale vero e proprio e l’epilogo, che si trova
dopo. Alcune pagine in più, con ulteriori chiarimenti su piccole cose rimaste
in secondo piano, non ci sarebbero state affatto male. Ripensandoci sopra per un
giorno intero, però, ripercorrendo a ritroso tutti gli eventi e osservando la
storia da un punto di vista più ampio, sono arrivata ad apprezzarlo molto di
più. Più passa il tempo e più penso a quanto sia bello questo libro nel suo
insieme. Un romanzo, dunque, che si apprezza molto di più alcuni giorni dopo la
fine della lettura, quando uno ripensa all’intera storia e non alle sue singole
parti. A mio avviso è quindi un libro da valutare non solo in base a quanto
avviene tra le sue pagine, ma preso in connessione con il precedente, in
un’unica linea narrativa continua.
Il romanzo riprende pochi giorni dopo la fine di “The Wrath & the Dawn” e sono stati
impiegati più PoV per spiegare con una prospettiva più ampia ciò che succede
dopo il grande capovolgimento avvenuto alla fine del libro precedente. Potremmo
quasi dire che la storia, in un primo momento, prosegue su più binari
differenti, ma ciò che si respira nei capitoli iniziali, narrati da tutti i
vari punti di vista, è un’aria carica di attesa. La tensione è fortissima,
quasi palpabile. Si è pronti all’azione, come molle sul punto di scattare. E la
molla ad un certo punto scatta e l’azione inizia.
La Ahdieh continua ad eccellere nel creare
ambientazioni di grande impatto. Ad ogni pagina non ho fatto altro che rimanere
sempre più affascinata da esse e dal sapore mediorientale, e quasi onirico, di
questa storia. Amo la sua abilità di rendere perfettamente reale ogni sua singola
descrizione. Da quelle dei luoghi a quelle delle caratteristiche fisiche, ma
anche caratteriali, dei personaggi. Con una bellissima e articolata scelta di
lessico, riesce persino a dar vita a colori, sapori e infinite sensazioni.
La caratterizzazione dei personaggi continua ad
essere molto buona. Oltre a conoscere meglio e approfondire il carattere di
quelli principali, presenti anche in The
Wrath & the Dawn, e ad assistere ad una loro ulteriore evoluzione,
adesso vengono trattati anche alcuni di quelli secondari, come Irsa, la sorella
di Shazi, loro padre e altri ancora. Ma ne vengono introdotti anche di nuovi!
Altrettanto interessanti e affascinanti, come Artan, che ho davvero adorato.
Più di tutto, però, ho trovato splendidi il significato del
libro e tutti quei messaggi che la storia è riuscita a trasmettermi. Una storia
in cui ad occupare un ruolo centrale sono i valori dell’amicizia e dell’amore, della
fiducia e della lealtà, ma soprattutto quello della famiglia. Quest’ultima
intensa non solo per quella in cui uno nasce, ma anche per quella che uno si
sceglie per legami più forti di quelli di sangue. Bellissimo è anche il ruolo
che hanno le donne in questa storia. La loro forza e la loro passione, il loro
farsi rispettare e la loro tenacia nel riuscire a far sentire la propria voce. L’accento
maggiore, viene però posto sugli sbagli. È intorno ad essi e alle loro
conseguenze che sembra ruotare tutto. Errori compiuti in nome di una falsa
giustizia, dell’amore o dell’odio, o perché accecati dal fascino del potere o
compiuti in seguito a scelte prese alla leggera. Però, ciò che importa alla
fine non sono le cause, i motivi, che li hanno scatenati, ma il modo in cui si
fa fronte alle loro conseguenze.
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