martedì 9 settembre 2014

Recensione: "La spia che venne dal freddo" di John Le Carré

Buongiorno carissimi! J Per oggi (in realtà già per ieri) volevo preparare un tag libresco carino da pubblicare ma non ho avuto tempo da dedicargli..grr colpa tua tesi, sì! non negarlo!.. perciò ecco di nuovo che vi lascio in compagnia di un'altra recensione. Questa finalmente è l'ultima che mi era rimasta dei libri che ho letto prima dell'estate, le altre sono relativamente più recenti. Si tratta de "La spia che venne dal freddo" di John Le Carré.
Ps. fa parte di una serie ma può essere letto anche indipendentemente dagli altri, come ho fatto io, perché in sé è autoconclusivo.

George Smiley #3
Editore: Mondadori (collana Oscar bestsellers)
Prezzo: 9,50 €
Pagine: 237

Trama: La storia dell'ultima, pericolosa missione di Alec Leamas, un agente segreto, stanco e disilluso, che vuole disperatamente concludere la sua carriera di spia. Tutti i suoi migliori agenti sono stati scoperti e uccisi dal nemico e presto potrebbe venire anche il suo turno. Esiste un solo modo per uscire definitivamente dal giro: partecipare alla pericolosissima missione che gli propone Smiley.

Il mio pensiero: Adoro le storie di spionaggio, non per nulla, da piccola, il mio grande sogno nella vita era di fare l’agente segreto. Sì sì, lo so, ho visto troppi film, ma cosa ci volete fare?! Sono sempre stata più la tipa che si salva da sola invece che quella che aspetta, con le mani in mano, l’arrivo del principe azzurro a salvarla. Ma torniamo a noi..nonostante la forte attrazione che la trama esercitava su di me,  questo libro è rimasto a vegetare nella mia libreria per anni. Vuoi per una cosa, vuoi per un’altra, ne ho sempre rimandato la lettura. Alla fine però sono riuscita a dedicargli un po’ di tempo e sono davvero felice di averlo fatto perché le mie aspettative non sono state deluse.
Il racconto è ambientato tra l’Inghilterra e la Germania degli anni sessanta, in piena guerra fredda. Il protagonista è Alec Leamas, un agente dei servizi segreti inglesi, la cui carriera, dopo anni trascorsi a lavorare in prima linea nella zona di Berlino, sembra volgere al termine. Intelligente, sagace, perspicace, ma anche un uomo che è giunto al punto di vedere la vita con distacco e un certo grado di disillusione. La sua stessa vita è stata plasmata dalla sua professione. Le circostanze e l’istinto di sopravvivenza hanno sempre, e sempre avranno, un peso immane in tutto ciò che lo riguarda, inclusa la sua stessa sfera personale. Sono rimasta particolarmente affascinata da questo personaggio, dal suo modo di vedere le cose e da come gli strati che ricoprono accuratamente la sua personalità e il suo stesso essere si rivelino poco a poco.  
Quello che più ho apprezzato però è stato la costruzione stessa della storia. Inizialmente tutto, gli intrecci, le trame, le strategie, sono nascoste, celate ai nostri occhi. Non vi è un narratore onnisciente che ci spiega i retroscena o le cause che hanno condotto un personaggio a quel dato punto. Abbiamo solo un narratore esterno che ci riporta i fatti così come sono, descrivendo solo ciò che vede e mostrandoci, a volte, il punto di vista e i pensieri di un dato personaggio. Questo mi ha permesso di scoprire, passo dopo passo, la reale portata di un disegno più grande presente alla base di tutto. Non posso che ammirare la grande abilità di Le Carré di incastrare insieme minuscoli tasselli, apparentemente disgiunti o privi valore, al fine di fornire al lettore, solo negli ultimi capitoli, un quadro d’insieme perfettamente logico.         
Purtroppo ciò che mi impedisce di assegnare un voto pieno al romanzo è il modo in cui l’autore dà voce al narratore esterno. Spesso mi è capitato di leggere la stessa frase più di un volta perché non riuscivo a capire chi ne fosse il soggetto. I “lui” e i “lei” generici, i cambi improvvisi di punto di vista e il repentino passaggio dell’analisi dei pensieri di un personaggio o di un altro, mi hanno spesso mandata in confusione. La comprensione e il senso generale della frase c’è, non lo posso negare, però mi è mancata la possibilità di cogliere in qualsiasi momento la sottigliezza e le varie sfumature di ogni più piccolo avvenimento e, cosa ancora più importante, la narrazione ne risente perdendo in fluidità e scorrevolezza. La cosa positiva è che questo particolare non è presente sempre. Soprattutto non nelle ultime 60 pagine circa, o forse in questo caso sono solo io che, trasportata dal vortice degli eventi, non l’ho colto.
La spia che venne dal freddo è un libro che ci offre uno spaccato sui (possibili) retroscena del periodo susseguitosi alla seconda guerra mondiale. Quel periodo buio, carico di tensione nervosa, in cui ideologie contrapposte non facevano che fronteggiarsi e scontrarsi tra loro. È un libro che, secondo me, mette in evidenza come il confine tra giusto e sbagliato sia labile, facile preda delle interpretazioni e della soggettività. Tutto ruota intorno alla lotta per il predominio di un’idea, di un’ideologia, di un credo, e sulla convinzione di entrambe le parti di agire per l’ottenimento di un bene superiore. Bene che comporta il sacrificio, il pagamento di un prezzo. Si è disposti a rischiare tutto pur di raggiungere quello scopo. Obiettivo che nella sua grandezza oblitera qualsiasi altra cosa. Il grande a discapito del piccolo. Mondo questo, in cui il valore delle piccole cose è andato completamente perso. Un cambiamento, un punto di svolta, potrà avvenire solo nel momento in cui il protagonista compirà una scelta: rimanere ancorato e invischiato in questo circolo vizioso o aprire gli occhi e imparare così a riconoscere ed apprezzare la bellezza e l’importanza delle piccole cose della vita?

4 "scintille" e mezzo

4 commenti:

  1. La trama e la cover non mi attirano molto però il tuo entusiasmo per questo libro mi ispira. Mi segno il titolo, se lo trovo usato lo prenderò di sicuro. Tra l'altro volevo leggere qualcosa di Le Carrè..mi ispirava Il giardiniere tenace, anche se non sono molto dell'umore per questo genere ora.

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    1. La trama effettivamente è un po' miserina e non lascia capire molto.. Però hai ragione, anche io ho aspettato l'ispirazione per leggere questo libro (ne ho anche un altro di questo autore, ma per ora non è ancora arrivato il suo momento), sopratutto perché non è esattamente una lettura leggera e spensierata. La storia mi ha coinvolto molto, però ci ho messo comunque una settimanetta a leggerlo :)

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  2. Che bella recensione Valy! Di Le Carrè ricordo di aver iniziato anni fa un romanzo, forse era Chiamata per il morto, non ricordo, ma non l’avevo terminato proprio perché trovavo lo stile dell’autore eccessivamente prolisso e poco scorrevole. Forse adesso, a distanza di parecchi anni, lo apprezzerei di più.

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    1. Grazie Nadia! Sì lo stile è poco scorrevole, e i cambi di pov lasciano disorientati, però da metà in poi migliora un po'. Nonostante questo ho adorato il fatto che non si sveli tutto fin dall'inizio (i piani e le azioni segrete che stanno dietro alle operazioni), rende la scoperta ancora più emozionante e lascia spazio a tanti colpi di scena =)

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